Dr. Francesco Benedicenti intervistato dal Team della Federazione.
Il Dott. Francesco Benedicenti è esperto in Genetica Medica, si occupa principalmente di malattie rare, malformazioni congenite e dismorfie e attualmente è Responsabile del Servizio di Consulenza Genetica e responsabile del Centro di Coordinamento delle Malattie rare presso l'Azienda Sanitaria dell'Alto Adige.
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Dr. Benedicenti, nella Sua professione dialoga spesso con pazienti con malattia rara e con i loro familiari. Cosa può dirci riguardo al tema "Malattie rare e Medicina Narrativa"?
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Nel dialogo con i pazienti e con coloro che se ne prendono cura più da vicino vedo ogni volta un’occasione preziosa, di grande arricchimento personale e professionale. Il loro ascolto, in particolare, permette non soltanto di raccogliere tutta una serie di informazioni prettamente mediche ma anche, e soprattutto, di capire cosa significhi realmente convivere con una determinata malattia rara, sperimentando ogni giorno “sulla propria pelle” l’impatto che questa ha su tutti gli ambiti della vita, da quello sanitario a quello scolastico e lavorativo, da quello psicologico a quello sociale e ricreativo… Queste cose non si studiano sui testi di Medicina e si possono imparare solo attraverso l’ascolto delle narrazioni di chi le vive quotidianamente in prima persona. Senza conoscerle, nessun medico può pensare o dire di conoscere veramente una determinata malattia! Sono convinto che, in ambito clinico la Medicina Narrativa, fornendo al medico degli strumenti utili per migliorare la capacità di ascolto delle persone con malattia rara e dei loro familiari, possa sicuramente favorire questa conoscenza e un approccio che porti sempre più a prendersi cura non tanto del “paziente malato” quanto “della persona che vive la malattia nel suo contesto globale di vita”.
Inoltre, intesa come possibilità di raccontare la propria esperienza di malattia per mezzo di un’opera letteraria, come un racconto o una poesia, o anche un disegno, un dipinto o un filmato, la Medicina Narrativa consente alle persone con malattia rara e ai loro familiari non solo di dare testimonianza della loro malattia e di farla conoscere meglio agli altri, ma anche di rispondere a quello che per alcuni può essere un vero e proprio “bisogno di raccontare”, che una volta soddisfatto è in grado di dare beneficio. Per questi motivi, quando è stato creato il “Portale per la malattie rare in Alto Adige”, insieme alla Federazione per il Sociale e la Sanità abbiamo deciso di inserire nel sito una sezione completamente dedicata a questo tipo di Medicina Narrativa, intitolata “Esperienze di vita rara”.
- Ha avuto modo di vivere in prima persona alcune esperienze di narrazione?
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Un momento di fondamentale importanza nell’approccio di qualsiasi medico con il proprio paziente è indubbiamente l’anamnesi personale, ossia la raccolta di tutte le informazioni cliniche relative allo stato di salute passato e presente di quella persona. Altrettanto importate è, poi, l’anamnesi familiare, in cui la raccolta di informazioni viene estesa a tutta la famiglia. Questo è vero in special modo per un medico genetista come me, che, avendo spesso a che fare con condizioni ereditarie, vede quest’atto come un momento particolarmente utile ai fini di un corretto inquadramento diagnostico non soltanto del singolo paziente ma spesso anche di altri suoi familiari. Non a caso mi piace ripetere che “il paziente” del medico genetista non è il singolo individuo ma l’intera sua famiglia! Ogni raccolta anamnestica è basata sul dialogo e, se viene condotta al meglio, dedicandole tempi adeguati e seguendo un’intervista semi-strutturata che eviti il più possibile di disperdersi in particolari superflui, può rappresentare una vera e propria esperienza di Medicina Narrativa in ambito clinico. Allo stesso tempo permette di approfondire gli argomenti d’interesse, lasciando fluire il più “liberamente” possibile la narrazione del paziente e dei suoi familiari, mettendoli in grado non soltanto di fornire informazioni di carattere medico, ma anche relative a quelli che sono i loro valori, gli interessi e le passioni, al modo in cui il paziente vive la propria malattia nei vari contesti di vita, a come l’esordio della malattia abbia modificato la sua situazione di vita precedente, eccetera... Mi sentirei, pertanto, di affermare che ogni anamnesi ben fatta è stata un’autentica esperienza di narrazione vissuta in prima persona!
Mi è inoltre capitato in passato di scrivere un breve racconto, che aveva come protagonisti un bambino affetto da una rarissima malattia genetica, sua madre e sua sorella. Sebbene in esso siano inevitabilmente confluiti degli elementi autobiografici, si trattava essenzialmente di un racconto inventato e nella sua scrittura ho trovato molto istruttivo il tentativo di immedesimarmi nei singoli personaggi. Una sorta di esercizio di role playing che, costringendomi a mettermi nei panni di un’altra persona, come ad esempio il genitore di un bambino con malattia rara, mi ha aiutato forse a comprendere un po’ meglio quelli che possono essere i sentimenti e gli stati d’animo delle persone che sono realmente genitori di bambini affetti e che incontro quotidianamente nello svolgimento del mio lavoro… Si è, pertanto, trattato di un’esperienza di Medicina Narrativa che ho trovato molto utile. In ogni caso, provare a cambiare la prospettiva dalla quale si è abituati a guardare il mondo è un qualcosa che tutti dovrebbero fare ogni tanto e che mi sentirei di consigliare!
- Secondo lei la narrazione è un elemento importante per arrivare a una decisione condivisa del percorso di cura tra pazienti e operatori sanitari?
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Ritengo proprio di sì! In un mondo in cui, giustamente, si parla sempre più di “medicina personalizzata” e di “medicina di precisione”, riferendosi all’utilizzo di caratteristiche individuali genetiche, o più in generale biologiche, per aumentare l’appropriatezza, l’efficacia e l’utilità di scelte diagnostiche, terapeutiche, di monitoraggio e di prevenzione di una determinata malattia, penso che la Medicina Narrativa possa aiutare a fare lo stesso in un ambito più globale, non riferito alla sola sfera “biologica” dell’individuo.
Attraverso l’ascolto e un appropriato utilizzo della narrazione, infatti, gli operatori sanitari hanno la possibilità di conoscere meglio la persona che hanno davanti e i suoi familiari, il modo di ognuno di vivere la patologia e di rapportarsi con essa, le singole fragilità e i punti di forza, le convinzioni e i desideri personali, le aspettative di ognuno, insomma tutto il contesto di vita in cui sono inserite queste persone. Questa “conoscenza individuale”, non limitata alle informazioni biomediche, eleva la qualità del rapporto tra il paziente e gli operatori sanitari e grazie ad essa diviene possibile comprendere meglio quali siano le scelte migliori da fare per ogni singolo paziente, condividerle più facilmente con lui e con le persone a lui più vicine e, in definitiva, prendersi cura in maniera più personalizzata, completa ed efficace di quella specifica persona con quella determinata patologia nella sua realtà di vita.